Al tempo di Epicuro le città non sono più governate dai loro cittadini ma dai grandi monarchi che succedettero a Alessandro Magno. La politica e le questioni di potere non sono più alla portata del filosofo.
Dopo la fondazione del Museo di Alessandria le scuole di filosofia hanno perso anche il ruolo di sedi della ricerca scientifica, trasferita nel Museo dal potere regio.
Al filosofo rimane solamente la possibilità di essere ammesso a corte come retore o pedagogo. Epicuro rifiuta questo ruolo e non gli rimane che la segregazione nella scuola e l’elaborazione di indicazioni morali che orientino la vita degli uomini.
Secondo Epicuro la felicità è possibile solo se si assume come fine ultimo il piacere, non nei suoi aspetti sociali e psicologici ma in quelli strettamente naturali e fisiologici.
Il piacere diventa una soppressione del dolore che si ottiene soddisfacendo gli stimoli necessari, come la fame e la sete, ed eliminando gli stimoli che per loro natura non possono essere soddisfatti e, quindi, provocano delusione e dolore.
In altre parole l’epicureismo insegna la scienza dell’autodominarsi, che egli chiama calcolo dei piaceri. (Prima di soddisfare un piacere ci si domandi cosa accadrà dopo.)
La filosofia da luogo ad una saggezza che è pratica della rinuncia, da cui rinuncia una serena imperturbabilità. (Quando diciamo che il fine è il piacere non intendiamo i piaceri dei dissoluti e dei gaudenti, ma il non soffrire quanto al corpo e il non essere turbati quanto all’anima.)
Epicuro offre la sua scienza ai discepoli come una summa di sapere fisico che dovranno accettare in maniera dogmatica. La ricerca scientifica è stata ormai svolta una volta per tutte dal Maestro per mettere al riparo l’epicureo dall’idea di disegno provvidenziale divino che potrebbe dar luogo ad eccessive preoccupazioni, timori o speranze.
E’ per questo che nei suoi libri Epicuro cerca di dare una risposta scientifica ad ogni fenomeno che apparentemente non ha spiegazione razionale.
Per dimostrare l’assenza del divino dal mondo Epicuro parte dall’esistenza del male: (La divinità o vuole togliere i mali dal mondo e non può, o può e non vuole, o non vuole né può, o vuole e può. Se vuole e non può è impotente: e la divinità non può esserlo. Se può e non vuole è invidiosa, e la divinità non può esserlo. Se non vuole e non può, è invidiosa e impotente, quindi non è la divinità. Se vuole e può, che è la sola cosa che le è conforme, da dove viene l’esistenza dei mali e perché non li toglie?)
Il sapere che Epicuro ha accettato e che permette agli uomini di liberarsi dal giogo degli dei è la fisica atomistica di Democrito.
Questa teoria accetta l’esistenza del vuoto, permettendo così il movimento che l’Uno degli eleati impediva.
Nel vuoto esistono parti minutissime di materia non ulteriormente divisibili, indistruttibili e immutabili.
Gli atomi si differenziano tra loro in forma, ordine, posizione e grandezza. Proprio a causa di queste differenze si spiega la varietà degli aggregati atomici (i corpi) che conosciamo attraverso l’esperienza dei sensi.
Gli aggregati atomici si formano per effetto del movimento degli atomi che li porta ad urtarsi, ed, avendo forma e grandezze diverse si assemblano in infiniti modi dai quali risulta la molteplicità degli esseri naturali.
L’anima stessa è un aggregato di atomi particolarmente leggeri e sottili dotati di funzioni specializzate, che non può sopravvivere fuori dal corpo.
Essendo gli atomi infiniti vi saranno di conseguenza anche infiniti mondi (che Democrito considera aggregati atomici di massima grandezza) ed ognuno di questi mondi occupa una posizione centrale rispetto ad altri corpi più piccoli.
A quanto appreso da Democrito Epicuro aggiunge la teoria del Clinamen (inclinazione) secondo la quale la derivazione degli atomi dalla loro traiettoria permette l’urto tra gli atomi che determina la loro aggregazione in corpi via via più complessi: fino alla formazione dei mondi.
Nella fisica di Democrito non c’è niente di finalistico, i processi naturali sono puramente casuali e non controllati dagli dei.
Epicuro riteneva che gli uomini fossero immagine della divinità. Questa immagine sarebbe stata prodotta da flussi di atomi emanati dagli stessi dei.
Gli dei però non si preoccupano del mondo e degli uomini perché ogni impegno di questo genere sarebbe contrario alla loro beatitudine: essi non hanno obblighi, ma vivono liberi e beati nell’intermundia.
Il motivo per cui il saggio (l’epicureo) li onora non è quindi il timore ma l’ammirazione della loro eccellenza.
In contrapposizione con molti filosofi precedenti che vedevano nella speculazione metafisica l’unico metodo per raggiungere la sapienza e consideravano la conoscenza sensibile solo inganno dei sensi, Epicuro sosteneva che la sensazione è sempre vera ed è l’unica forma certa di conoscenza, in quanto è prodotta nell’uomo da un flusso di atomi che si staccano dalla superficie delle cose. Questo flusso produce immagini che sono del tutto simili alle cose da cui sono stati prodotti: dalle immagini derivano le sensazioni.
Dalle sensazioni ripetute e conservate nella memoria derivano i concetti che Epicuro chiama anticipazioni.
L’errore che è assente dalle sensazioni e dai concetti, può sussistere nell’opinione che deve essere, per essere considerata vera, necessariamente confermata dai sensi.
Il fine della dottrina di Epicuro è di permettere al saggio epicureo di vivere in un mondo privo di speranze deluse e paure, preoccupazioni e progetti irraggiungibili.
"Finché siamo vivi la morte per noi non esiste, dopo morti siamo noi a non esistere più." Con questa frase Epicuro intende liberare i suoi discepoli anche dalla paura della morte.
Privo di paure il saggio è libero di coltivare la sua serenità privata nella pace dei desideri.
Non per questo il saggio è egoista. Al contrario pratica il culto dell’amicizia, rispetta la giustizia ed è altruista.
Le grandi amicizie epicuree furono infatti famose in tutto il mondo antico per la loro nobiltà
E’ sconcertante la massima di Epicuro: "Non solo è più bello, ma anche più piacevole fare il bene anziché riceverlo.".
Il piacere è assunto addirittura a fondamento e a giustizia della solidarietà tra tutti gli uomini.
Diogene Laerzio descrive Epicuro come amante dei genitori, fedele agli amici e solidale.
"Le grandi anime epicuree non le fece la dottrina, ma l’assidua compagnia di Epicuro" afferma Seneca, filosofo della scuola avversa, la scuola stoica.
Michele Pinto. 1991
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