Sin dal loro ritrovamento, i rotoli ercolanesi affascinarono gli intellettuali del diciottesimo secolo, che sfidarono i papiri carbonizzati nel tentativo di aprirli. Di questi tentativi, fallimentari e non, Claudio Vergara ha raccontato al pubblico del Festival Epicureo di Senigallia, nel suo intervento “Una sfida nel tempo: lo svolgimento e la lettura dei papiri ercolanesi prima della rivoluzione digitale”.
“Quando i primi archeologi si introdussero nella Villa dei Pisoni, trovarono degli oggetti carbonizzati che faticavano ad identificare. Le testimonianze parlano di tela bruciata, legno incarbonito, corna di capra, o addirittura mozziconi di tabacco. Non era possibile, per loro, riconoscere i papiri: non se n’erano mai visti prima”, così è iniziato il viaggio nel tempo dei rotoli ercolanesi, carbonizzati dall’eruzione vulcanica del 79 d.C., che ha sommerso quella che oggi conosciamo come “Villa dei Papiri”. Un destino, che, contrariamente a quanto si possa pensare, si rivela salvifico: “Il clima umido – spiega Vergara – non avrebbe permesso la conservazione della carta, per questo motivo i papiri vengono ritrovati nei climi secchi dell’Egitto. Di fatto, per quanto ardua sia la sfida che i papiri pongono, la carbonizzazione è stata la loro salvezza”.
Solo con il distaccamento di frammenti dal reperto, gli addetti ai lavori del tempo compresero la natura di quanto avevano trovato: riconobbero, infatti, lettere latine e greche sulla carta che riuscirono a vedere. Questa scoperta diede il via a grande entusiasmo in tutta Europa: “Nessuno poteva sapere cosa contenessero i papiri, vi erano addirittura molti dubbi sul fatto che prima o poi si fosse riuscito ad aprirli. Carlo di Borbone non voleva assolutamente che i dati fossero diffusi”.
Naturalmente, non si dovette aspettare molto per una fuga di notizie: i papiri suscitavano grande interesse, si trattava dell’unica biblioteca arrivata a noi. Si sperava contenessero testi storiografici e si immaginavano testi come Tacito, Tito Livio, Plino Il Vecchio, Polibio, Sallustio.
Non sono mancate note dolenti: “Tra i primi tentativi di aprire i papiri, ci fu anche quello del principe di Sansevero, che ha utilizzato il mercurio per ammorbidire le fibre dei papiri e, così, svolgere il rotolo. Il composto, però, non ha fatto altro che distruggere il rotolo carbonizzato. Altri tentativi chimici hanno avuto lo stesso risultato”, ha spiegato Claudio Vergara.
Il metodo più efficace è stato quello di Antonio Piaggio, che nel 1753 inventò una macchina per uno svolgimento meccanico dei rotoli. Questa importante innovazione è stata utilizzata fino al 1900, ma si era rivelata inefficacie sui rotoli posti in condizioni peggiori, che furono lasciati da parte.
“Negli anni Novanta, con il metodo di Kleve, furono aperti decine di altri rotoli, ma i lavori da allora si fermarono. I risultati raggiunti oggi con le nuove tecnologie giungono dopo anni di stallo nell’impresa di svolgere i papiri”, conclude.