“Bastano poche briciole, lo stretto indispensabile, se vuoi i malanni tuoi dimenticar”, così insegna, in una danza, Baloo, il simpatico orso del Libro della Giungla, il cartone Disney del 1967, a Mowgli, il cucciolo di uomo accudito dagli animali della giungla. Ciò che l’orso Baloo insegna al bambino non si discosta molto da quanto troviamo nella filosofia del Giardino: il piacere autentico, la felicità risiede nello stretto indispensabile e rifiuta l’eccesso. L’insegnamento che verte sulle “bare necesseties” – che, nella versione inglese cantata da Phill Harris, creano un divertente gioco di parole tra il termine “orso”, “bear”, e “bare”, “nudo”, ma anche “minimo” – Baloo parla di quei piaceri naturali e indispensabili, la cui soddisfazione porta ad una forma di genuina felicità.
Lo “stretto indispensabile” che Baloo celebra, raccogliendo frutti o parlando della prelibatezza delle formiche, non è, forse, niente di diverso da “quel sobrio ragionare che scruta a fondo le cause di ogni atto di scelta e di rifiuto, e che scaccia le false opinioni per via delle quali grande turbamento s’impadronisce dell’anima” di cui si parla nella Epistola a Meneco.
L’insegnamento dell’orso Baloo si conclude con la semplice esplicitazione dell’inutilità dei piaceri non naturali e non necessari di Epicuro, che, alla fine, portano solo turbamento: “Non perdere tempo a cercare le cose che vuoi e che non puoi trovare. E quando sai che puoi farne a meno e non ci sai pensando nemmeno, sai che accadrà? Quel che ti occorre lì per lì ti arriverà”.
Giulia Ariti