È da poco in libreria la traduzione integrale del poema sulla natura delle cose, scritto da Lucrezio, nella traduzione del poeta Milo De Angelis (Edizioni Mondadori, collana Lo Specchio).
I principali quotidiani ne hanno parlato ampiamente: per la fama del traduttore, uno dei più importanti poeti contemporanei, e per la qualità della traduzione.
Lucrezio è stato tardo nel parlare italiano: già nel 1558 Du Bellay voltava in versi francesi l’inno a Venere che apre il poema; nel 1656 Evelyn pubblicava la sua versione inglese del primo libro. L’Italia vede la traduzione di Alessandro Marchetti terminata fin dal 1668, circolare poi manoscritta fino alla prima edizione stampata a Londra nel 1717 (versione tuttora bellissima che amplifica Lucrezio ma non lo tradisce).
Da allora Lucrezio ha parlato italiano attraverso voci molteplici, cui ora si aggiunge quella di De Angelis. La traduzione ha il pregio di essere piana, semplice e leggibile, tutti questi sinonimi per esprimere una prosa di grande chiarezza. Si raccomanda quindi a tutti coloro che vogliano accostarsi all’opera di Lucrezio per gustarne, con una lettura agevole, l’immenso poema.
Tolte le tre lettere tramandateci da Diogene Laerzio, e i frammenti che vanno ricostruendosi grazie al lavoro sui papiri di Ercolano, l’opera di Lucrezio è ancora, a tutt’oggi, la via principale di accesso per la conoscenza sistematica del messaggio epicureo.
Il volume di Lucrezio è stato ed è livre de chevet, libro preferito, di molti illustri e non illustri (tra cui lo scrivente) e si raccomanda per una lettura che, superate le fatiche del linguaggio tecnico, apre a squarci di poesia straordinari che la versione di De Angelis farà certo apprezzare.
Andrea Maranini