Dello star bene in casa

di | 02/04/2020

Nel prossimo festival Epicureo di Senigallia, qualcuno aveva avuto l’idea di invitare anche “gli stoici”, ossia i rivali per eccellenza degli epicurei. E proprio a questi cugini lontani di Epicuro voglio rivolgere il mio sguardo, soprattutto ad un filosofo del tardo stoicismo che mi ha sempre affascinato: Marco Aurelio. Rileggevo ai miei studenti le sue parole: «Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo è proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che è possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere sùbito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore». Sottoscrivo ogni singola parola.

Pensate che i greci, per lo star bene in casa, avevano persino una parola specifica, “euestó”, che spesso traduciamo con felicità o benessere (cosi lo traduceva il Rocci), ma letteralmente la parola è composta dal prefisso “eu”, (bene), e dal sostantivo “estía”. “Estía”, in greco, voleva appunto dire casa, ed Estia, o Vesta per gli antichi romani, era la dea del focolare e della casa. Non avrei mai pensato di dover scrivere qualcosa sugli stoici, e nemmeno sullo star bene in casa, ma mi sono reso conto, dopo ventisette giorni di vita domestica (non più di un mese, il D.L. n. 11 sulle misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’urgenza epidemiologica è dell’otto marzo!) che le persone pensano di essere rinchiuse in una prigione da “più di un mese”, quasi vestissero i panni del Conte di Montecristo.

Insegno. Martedì c’è stato un collegio docenti in videoconferenza. Tre ore. Alla fine, una collega ha scritto in un messaggio mail che era stato bello rivedersi dopo tanto tempo… e su questo pensiero, certamente gentile, non ho nulla da dire, ma le sue parole: «È stato bello rivederci tutti, sembra sia passato un secolo dai giorni “normali”!». Ma questi nostri giorni, se abbiamo la salute, e se i nostri familiari stanno bene, sono giorni “normali”. Ringraziando Dio non mi mancano né cibo, né riscaldamento, né due balconi a cui affacciarmi, e il “focolare” domestico dove cucinare, e i libri, e i dischi, e questo computer con cui mi collego ad internet per spedire il mio semplicissimo pensiero oltre il Po, fin nelle Marche. Con il telefono posso chiamare ogni giorno alle cinque i miei genitori, entrambi ottuagenari, che sono felici di sapere che non esco mai di casa (mai, nemmeno per fare la spesa) e che sto bene, ed io con loro, e le mie giornate proseguono nella confortevole vita domestica dove ogni cosa è “normale”. A tutti gli amici dell’Associazione dico che certamente sarà ancora più bello, quando l’emergenza finirà, parlare di filosofia.

Questi antichi, che hanno vissuto con un’intensità a noi preclusa i loro giorni, non erano immuni dalla tristezza e dalle malattie: Marco Aurelio iniziò a regnare durante una pestilenza (la peste Antonina del 165 d.C.), e morì di malattia all’età di circa sessant’anni.

Sandro Borzoni