Lucrezio profeta della contemporaneità? Ne discute il podcast “Start” di Stefano Salis

di | 2024-04-12

Un viaggio da Lucrezio ad Antonio Gramsci: il numero di domenica 7 aprile di “Start”, il podcast settimanale de’ Il Sole 24 Ore, condotto da Stefano Salis, si concentra proprio su queste due figure. La puntata, dal titolo “Classici rivisitati” si impegna, quasi, in una umanistica tendenza a ripartire dai classici, dagli scritti degli intellettuali del passato, costruendo paralleli e punti di connessione con la vita dei contemporanei.

Il podcast inizia proprio da Lucrezio, citando i versi della celebre profezia del De Rerum Natura: “La nostra epoca è stremata e la nostra terra, spossata dai Parti, genera a stento piccoli animali, lei che aveva generato tutte le specie e dato alla luce fiere dai corpi giganteschi. Tutte le cose a poco a poco si estinguono e stremate dal lungo cammino della vita si avviano verso la bara”.

Versi che, ad oggi, paiono quasi una profezia ecologica, come sottolinea Pietro del Soldà nella copertina di domenica de’ Il Sole 24 Ore: “Troppo forte di tentazione di scorgere in questi versi i toni della profezia con duemila anni di anticipo, se è vero che negli ultimi quarant’anni l’attività umana ha causato la scomparsa di mammiferi, uccelli, rettili e pesci presenti in natura”.

La profezia apocalittica annunciata da Lucrezio, però, non è di niente di diverso che di una rivelazione di una condizione già presente e che deve essere portata alla luce. Lo svelamento della contemporaneità dei cives romani quanto della nostra: “L’apocalisse non anticipa cose che oggi non sono e un giorno verranno, ma apre gli occhi alle cose che già sono, qui ed ora, e il cui annuncio suona sconcertante e inaudito, novum, poiché sono nascoste dal velo ingannevole del notum, dalla tradizione, dal mos maiorum, gli apparati politici e culturali, che sulla rimozione delle res novae basano la propria egemonia”. Pietro del Soldà cita ampiamente il nuovo libro del latinista Ivano Dionigi, dal titolo “L’apocalisse di Lucrezio”, in cui il termine apocalisse appare con tutta la sua forza etimologica: dal greco formato dalla particella negativa ἀπό, apò, e καλύπτω, kalýptō, nascondere.

L’apocalisse di Lucrezio emerge quindi come una rivelazione: il poeta apre gli occhi ai suoi contemporanei, quanto a noi oggi, su una condizione che viviamo, ma di cui non ci accorgiamo, distratti dalla confortante tradizione e dagli apparati politici e sociali che traggono potere dal velo che nasconde la verità e che, invece, l’intellettuale solleva.

di Giulia Ariti